ROMA, 12 novembre - Ecco l'intervista completa a Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, che potete trovare sull'edizione odierna del Corriere dello Sport-Stadio. Uno sfogo duro e netto da parte del n° 1 rosanero, ancora indiavolato dopo gli episodi che hanno contraddistinto Milan-Palermo.
«Ma che soddisfazione c’è a vincere le partite a carte barando?». Maurizio Zamparini è un fiume in piena. La risposta alle ingiustizie di San Siro è clamorosa: via dal Palermo, via dal calcio, via dall’Italia.
Vende il Palermo, chiude col pallone. Spazio per i ripensamenti?
«Se vanno via tutti quelli che ora sono in Federazione, se rivoltano come un pedalino il sistema arbitrale. Ma dato che ci vorranno decenni, allora vado via. Ho visto il rigore che domenica non hanno dato al Bari. Basta: qui non cambia nulla. Altro che Calciopoli. E poi parlano anche di errori».
Non ci crede.
«Mi piacerebbe credere a un ritorno ai vecchi valori, quelli della lealtà, della sportività, vinca il migliore... ».
Invece?
«In trentatré partite, undici della Juventus, undici del Milan e undici dell’Inter, non un rigore contro è stato fischiato. Sono stati fischiati, invece, tre, quattro rigori contro il Palermo che non c’erano e non gliene sono stati concessi quattro, cinque a favore che c’erano. Non ci sto a vivere in mezzo a questo squallore. In Lega mi batto solo io a nome delle me***- piccole e il Palermo non è certo un club mediopiccolo. Tutto viene fatto in funzione dei grandi club, tutto negli anni è peggiorato: il sistema, gli arbitri. In Lega c’è un presidente succube delle grandi. Gli arbitri erano al centro di Calciopoli. E cosa è accaduto?».
Cosa?
«Hanno ottenuto l’autonomia totale, cioè invece di essere puniti, sono stati premiati. Che bellezza!».
E per tutto questo lascerà pure l’Italia?
«Il calcio è solo lo specchio del paese. A Benevento a luglio un Pm ha chiesto i miei arresti domiciliari. Faccio l’imprenditore da cinquant’anni, ho creato migliaia di posti di lavoro e sfido chiunque a dimostrare che ho commesso delle irregolarità, delle illegalità. Questa è l’Italia, queste sono le istituzioni. Un degrado totale, conta solo l’immagine. Ho casa in Austria e così ho pensato di andarmene lì, una volta che avrò sistemato le mie cose in Italia. Quella è una nazione di cittadini, non di sudditi. Ma prima di volare via voglio fare un’ultima battaglia».
In che senso?
«Voglio creare un movimento di opinione che non riguardi solo il calcio, che riguardi tutto il paese. Vorrei che i tifosi del Palermo unendosi a quelli del Bari, a quelli di altre città promuovessero una marcia su Roma, cinquecentomila persone per dire che questo calcio qui non funziona. I tifosi sono la cosa più pulita del calcio».
E tutto il resto?
«Poteri, solo poteri. Ma se la ricorda Bayern-Fiorentina? Un risultato falsato da un gol in fuorigioco clamoroso. Ma veramente l’arbitro e il guardalinee non hanno visto? Quanto vale un passaggio del turno in Champions? Un milione e mezzo di euro, due milioni? E’ pensabile che versando cinquecentomila euro si possa condizionare un arbitro? Lo dico chiaramente: Bayern-Fiorentina è stata una partita illegale e in questi casi bastano le immagini televisive per condannare un arbitro».
Ha parlato con Galliani?
«No, non ho parlato. E d’altro canto, Galliani è organico a questo modo di pensare che vige nel calcio: vincere sempre, non conta come. Ecco perché dico che questa gente deve andare via dallo sport: vadano a fare il Palio di Siena».
Perché proprio il Palio?
«Perché lì è tutto lecito. E, allora, meglio il Palio. La realtà è che nel calcio italiano non vince il migliore, vince il più furbo».
I tifosi del Palermo si sentiranno abbandonati...
«No, io non voglio abbandonare nessuno, soprattutto questi straordinari tifosi».
I tempi dell’uscita dal calcio?
«Pensavo più lunghi. Invece l’advisor, che ho già trovato, mi ha fatto sapere che ci sono cinque sei pretendenti».
Questo vuol dire che il calcio piace, anche se è il regno dei furbi...
«Il Palermo è una realtà che ha grande appeal. Ma a prescindere da questo... Guardi, voglio raccontarle una cosa. Nell’ultima riunione in Lega ho detto ad Andrea Agnelli: avete fatto regole che tutelano solo le grandi squadre, di questo passo prima me ne andrò io ma poi se ne andranno tanti altri. Perché, sia chiaro, da tempo io pensavo di mollare il pallone, ho solo atteso la goccia capace di far traboccare il vaso».
Cos’è che non va nel sistema arbitrale?
«Qui c’è un presidente che dice: siamo tutti corretti, tutti incorruttibili. Poi arriva Banti o quel Russo che ha prodotto danni incalcolabili in Brescia-Roma. Un arbitro così non avrebbe dovuto arbitrare più, per tutta la stagione, invece lo hanno spedito a un derby, lo hanno promosso. Il rigore non dato al Bari nella partita col Milan è clamoroso, però contemporaneamente, nella stessa giornata, danno a Juve e Inter rigori che non ci sono».
Sa cosa le diranno?
«Sì, di portare le prove. È come prima di Calciopoli: parlavano di sudditanza psicologica. Poi, però, sono venute fuori le prove e non si trattava solo di sudditanza. Ripeto: l’evidenza televisiva deve essere prova».
Lei aveva un’idea per valutare gli arbitri...
«L’ho proposta e mi hanno irriso. Ho detto: i club diano un voto e ogni tre mesi, sulla base di quei voti, promuoviamo o bocciamo. Ora gli arbitri non vengono giudicati da nessuno e Braschi è decisamente più sensibile ad Andrea Agnelli che a me».
La sua può essere interpretata come una resa.
«Esco sconfitto, al cento per cento. Calciopoli è stato solo lo strumento per sostituire un potere con un altro potere. A loro non interessano i valori sportivi: prima vinceva la Juve, poi ha vinto l’Inter. Ai presidenti in una assemblea ho detto chiaro e tondo: tutti voi lottate per tutelare l’interesse del vostro club, soltanto io dico che bisogna tutelare l’interesse del calcio».
Ai tifosi del Palermo cosa dice?
«Capisco il loro disappunto, ma non li abbandono: garantisco che chi arriverà sarà migliore di me. Ma io sono deluso. Ogni volta che cambiava il governo speravo che arrivasse qualcuno in grado di capire la rilevanza sociale del calcio e che per questa rilevanza bisogna proteggerlo dai poteri forti. Poi arriva la Melandri, una di sinistra che fa una perfetta legge di destra. Lei non capiva nulla di calcio e si è fatta condizionare dalle lobby. E anche voi giornalisti avete gravi colpe. Il vostro ruolo è quello dei censori, tornate a svolgerlo».
Ha parlato con Delio Rossi?
«L’ho avvertito. Domenica sarò in tribuna proprio per far capire che non fuggo, non li abbandono. La campagna-acquisti di gennaio va avanti così come l’abbiamo impostata. Agli acquirenti non chiederò soldi in più ma garanzie sul progetto. Quel che abbiamo messo in cantiere, a cominciare dal nuovo stadio, resta».
Se avesse di fronte Galliani cosa gli direbbe?
«Nulla. A Galliani va bene così, lui è un manager, come lo era Giraudo: non gliene frega niente di vincere con un rigore che non c’è, non gliene frega niente se il Cesena fallisce perché tutti i soldi vengono dati al Milan. Quando arrivò la manna dei diritti televisivi, ci fu un grande scontro. Alla fine ci accordammo nella distribuzione dei quattrini. Bisognava, però, decidere la divisione delle spese. Sa cosa avvenne? Che la divisione fu in parti uguali: chi incassava di più pagava nella stessa misura di chi incassava molto, molto meno».
Calciopoli è stata una occasione sprecata?
«Calciopoli è stata la lotta di un potere contro un altro potere: il nuovo ha cacciato il vecchio. E nulla è cambiato».